1970 - Uccide suo nipote perché gli ha detto "Sembri Garibaldi"

15 Agosto 1970 - Assurdo delitto nel Cilento - Un ombroso agricoltore ha abbattuto a rivoltellate il giovane congiunto, tornato dalla Svizzera per le ferie, che s'era permesso uno scherzo sulla sua barba fluente

NOSTRO SERVIZIO - Salerno, venerdì sera

   Un assurdo delitto quasi incredibile per la sua crudeltà e la sproporzione tra l'offesa, tra l'altro involontaria, che l'ha determinato e la reazione omicida che nulla lasciava prevedere, ha insanguinato ieri sera il centro di Salento, un paese agricolo di neppure duemila abitanti, nel cuore del Cilento a 84 chilometri dalla città.
   L'innocente frase «accidenti che barba, mi sembri Garibaldi!» pronunciata da un giovane nei riguardi dello zio ne ha provocato l'immediata vendetta. Convinto d'essere stato schernito con chissà quale sottinteso malizioso, l'uomo ha fulminato il nipote sparandogli contro un colpo di pistola.
   L'assassinato è Vincenzo Passaro di 23 anni, da tempo emigrato in Svizzera, dove lavorava come cuoco in un ristorante. L'omicida è Vittorio Piccirillo di 31 anni, agricoltore, fratello minore della madre dell'ucciso, il quale dopo avere sparato e colpito a morte si è allontanato nei campi. Poco dopo però si è presentato ai carabinieri di Vallo della Lucania ed ha detto: «Arrestatemi, sono un assassino: ho sparato contro mio nipote».
   Vincenzo Passaro, come si è già detto, era tornato pochi giorni fa dalla Svizzera per trascorrere un breve periodo di ferie in famiglia. Era un ragazzo allegro, facile alla battuta, mentre lo zio materno passa per un tipo ombroso, di poche parole, convinto che tutti lo deridano e forse affetto da' mania di persecuzione.
   Zio e nipote, che non si vedevano da parecchi mesi, si sono incontrati ieri nella via principale del paese. Dopo un breve scambio di saluti convenevoli, Vincenzo Passaro, notando la folta barba che il congiunto si era lasciata crescere, l'ha toccata scherzosamente ed ha pronunciato la frase che ha fatto infuriare lo zio. Quest'ultimo avvampando s'è scostato, allontanandosi di alcuni metri. Poi si è girato di scatto e, estratta una pistola dalla tasca dei pantaloni, ha sparato un colpo quasi a bruciapelo che ha raggiunto al petto il Passaro. Soccorso da alcuni passanti, il giovane cuoco è stato trasportato all'ospedale di Salerno, dove è stato sottoposto ad intervento chirurgico. Poche ore dopo, però, è morto.
   Il Piccirillo, interrogato dal comandante della stazione carabinieri di Vallo della Lucania, è scoppiato in un pianto dirotto e, quando si è ricomposto, ha detto: «Mi insultavano tutti per la barba. Ero stanco di sopportare quanto dicevano sul mio conto. Poi ci si è messo anche un mio parente ed allora, accecato dall'ira, ho reagito».
   Il Piccirillo è stato rinchiuso nelle carceri di Vallo della Lucania, a disposizione dell'autorità giudiziaria.

a. l.

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Fonte:

LA STAMPA Archivio Storico dal 1867 - Giornale STAMPA SERA, Venerdì 15 Agosto 1970

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