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Articolo scelto da Cappadue

  • Il carattere dei Cilentani
    Il carattere dei Cilentani

    Esaminiamo come venivano visti i Cilentani nei secoli passati.

    Nei secoli scorsi vari studiosi e scrittori intrapresero un lungo viaggio esplorativo nel Cilento. Nel percorrerlo, quasi tutto, ebbero modo di conoscere e studiare le condizioni di vita e di lavoro dei suoi abitanti e le caratteristiche degli stessi, evidenziandone pregi e difetti. Hanno riportato le impressioni nei loro libri, la cui lettura ci stimola a fare una riflessione sull’identità e sulle caratteristiche peculiari dei Cilentani nei secoli passati. Abbiamo scelto viaggiatori e testi che abbracciano un arco di tempo che va da oltre 260 anni fa a circa 90 anni fa. Chissà, se a distanza di due secoli e mezzo, il carattere di quei nostri antenati, descritto con ricchezza di particolari nei libri presi in esame, appartiene ancora oggi ai Cilentani moderni, discendenti di quegli antichi abitanti della seconda metà del settecento e fino alla seconda metà dell’Ottocento.

    Il Cilento, «pur essendo attraversato dalla strada per la Calabria e dall'importantissima linea ferroviaria tirrenica»1, è rimasto per secoli «una singolare entità geografica chiusa»2 e poco popolata. Se questa condizione, nei secoli scorsi, induceva sociologi ed economisti a considerare il Cilento una zona arretrata3, ai tempi del Grand Tour lo faceva invece apparire una regione affascinante e mitica (come si evince da alcune vedute ottocentesche: Il dipinto, che ritrae la costa vista da Casal Velino, fu eseguito dal pittore tedesco Franz Ludwig Catel da uno schizzo del 1812 Turisti inglesi nella campagna in provincia di Salerno - dipinto di Carl Spitzweg del 1845), o anche selvaggia e pericolosa: tra confini incerti, paesaggi impervi, centri abbarbicati su cime irte e scoscese, marine spesso deserte, il Cilento era ritenuto «un mondo a sé, con “usanze e consuetudini di stampo primitivo, „la terra dei tristi‟, secondo la definizione della polizia borbonica, ossia “terra di assassini e di briganti, dove la violenza era legge comunque, la vendetta privata principio indiscusso”»4.
    I viaggiatori del tempo, pertanto, non oltrepassavano Paestum (già di per sé difficilmente raggiungibile), “perché il cammino era insicuro, infestato dai briganti, denso di pericoli”, come avvertiva François Lenormant, che considerava “i luoghi al di là di Paestum come terre ove prima di penetrare era ragionevole far testamento”»5Ritratto Copertina del libro À travers l'Apulie et la Lucanie - 1883 a Pag. 235 riporta che: "Un napoletano costretto a questa viaggio, farà testamento prima di intraprenderlo"..

    Ma la realtà era tanto diversa quanto confusa dai miti con cui la classe dirigente, ancor più dopo la feroce repressione del moto dell'estate del 1828, tentava di nasconderla. Il Cilento, isolato per secoli, solo alla prima metà dell'800 vede costruita una strada che, partendo da Battipaglia, attraversava la pianura di Paestum per poi inerpicarsi sulle alture di Ogliastro e proseguire per Prignano, Sant'Antonio di Torchiara, Santa Maria delle Tempetelle, Rutino e, dopo aver oltrepassato l'Alento, raggiungeva Vallo della Lucania. La mancanza di strade non poteva non influire sul mancato sviluppo economico del Cilento. Infatti, come evidenzia Leopoldo Cassese, i cilentani non erano “tristi” e delinquenti “per natura”, ma finivano con il diventarlo, perché poveri e demoralizzati6.

    Tutti i viaggiatori/scrittori presi in esame in questo articolo, però, conoscendo e frequentando i cilentani, hanno dovuto ricredersi. Vediamo nel dettaglio cosa scrivono dei cilentani.

    1763 - Pasquale Magnoni7 di Rutino, nel libro "LETTERA DI PASQUALE MAGNONI AL BARONE GIUSEPPE ANTONINI CONTENENTE ALCUNE OSSERVAZIONI CRITICHE SU I DI LUI DISCORSI DELLA LUCANIA" pubblicato nel 1763, a proposito dei Cilentani scrive   :

    "Non è picciol pregio ancora l'essere i Cilentani dotati ordinariamente di un ingegno perspicacissimo, e di alto talento, concorrendo in questo anche la bontà, e fertilità della Regione... ...Tanti Valentuomini, che ha questa Regione in ogni tempo prodotti, soprattutto nella legale, e militare disciplina e perizia distintissimi, lo confermano".

    1809 - Filippo Rizzi8, nel libro "OSSERVAZIONI STATISTICHE SUL CILENTO" pubblicato nel 1809, scrive   :

    "Malgrado la bontà del suolo, e la dolcezza del Cielo, l'indole de' Cilentani non è totalmente a proporzione delle descritte qualità. Osiam dirlo, a fine d'immegliare. Sovente la cagione di qualche vizio, si è, per non essere nella nostra conoscenza...
    ...Quanto sono vivi, e coraggiosi; altrettanto sono pieni di talenti, e sensibilissimi all'onore. Costanti nelle imprese, affrontano qualunque pericolo, e soffrono con bravura i più difficili e penosi travagli... ...Una delle cure più gelose del Sovrano sono le scuole. Di esse, e conseguentemente delle opinioni è il supremo moderatore. Conciossiachè non tanto dalle leggi vengono i popoli governati, quanto dal costume, e dalle opinioni, che dalle scuole si spargono... ...Di più quei pochi precettori, che in alcuni luoghi si applicano ad istruire, non hanno metodo d'insegnare. Faticano piuttosto a far divenire automi, o malvagi i loro scolari. Egli è deplorabile, che questi popoli non abbiano la fortuna di essere istruiti. Dessi non han perduto le naturali doti de' loro antenati, i quali furono maestri di quelli, che ora stimansi a noi superiori. Attesa la vivacità, di cui sono forniti, diverrebbero in breve tempo i più colti, e savj dell'Europa: e il Sovrano ne ritrarrebbe de' considerevoli vantaggi... ...La cagione di molti omicidj è la gelosia dalla quale questi popoli sono stati affetti anche ne' rimoti secoli. Quanto i Cilentani sono gelosi; altrettanto sono inclinati alla venere vaga... ...Si aggiunga, che le donne... sono tuttavia prolifiche egualmente che il terreno. «Omnia fæcunda sunt, omnia suavia germinant»".

    1828 - Craufurd Tait Ramage9, nel libro "THE NOOKS AND BY-WAYS OF ITALY - WANDERINGS IN SEARCH OF ITS ANCIENT REMAINS AND MODERN SUPERSTITIONS (Gli angoli e le strade secondarie d'Italia - Peregrinazioni alla ricerca dei suoi antichi resti e delle moderne superstizioni), viaggio effettuato nel 1828 (da aprile a seguire), libro pubblicato nel 1868, a proposito dei Cilentani, scrive     :

    "Forse è un bene che queste lettere non potranno raggiungerti finché non saprai che sono relativamente al sicuro, poiché non ho dubbi che i miei amici evocherebbero ogni sorta di pericolo, che non esisterebbe da nessuna parte se non nella loro stessa immaginazione. Tutto ciò che ho visto della gente mi piace; niente può superare la gentilezza e l'ospitalità di tutti coloro con cui vengo in contatto, e se solo avessi visto il sole tramontare dal Monte Stella mi sarei considerato ampiamente ripagato di qualunque fatica abbia subìto. Mi rendo conto che l'energia mentale può talvolta sostituire l'esaurimento fisico, e poiché sono ansioso di visitare i resti delle città della Magna Grecia, che erano situate lungo la costa sud-orientale dell'Italia, sono determinato a non permettere nulla, tranne malattia positiva o cattura da parte dei briganti, per impedirmi di mettere in atto il mio piano. Finché non vedrò davvero questi tanto chiacchierati briganti, crederò che siano solo uomini di tela, e mi comporterò come se non esistessero".

    Ramage, dopo essere stato ospite in un convento di cappuccini tra Pisciotta e Centola, dove era stato accolto con "grande cordialità e cortesia" e dove, a pranzo, aveva mangiato "zuppa, maccheroni e una frittata, con frutta della stagione giusta", raggiunge Centola e scrive:

    "Di conseguenza, mi recai a casa del sindaco e lo trovai un giovane dai modi gradevoli. Avendo visto che il mio passaporto era regolare, mi invitò ad accompagnarlo a casa di suo fratello, e qui mi proposero di prendere residenza per la notte. Si sono offerti di preparare la cena e quando ho rifiutato con la scusa di averlo fatto e di aver già goduto dell'ospitalità dei frati cappuccini, mi tirarono fuori il rosolio e mi prepararono il caffè. Niente, infatti, potrebbe superare la gentilezza genuina e spontanea di queste persone semplici. Declinai, tuttavia, la loro proposta di restare per la notte"

    1859 - Giovanni la Cecilia10, nel libro "STORIE SEGRETE delle FAMIGLIE REALI o MISTERI DELLA VITA INTIMA DEI BORBONI DI FRANCIA, DI SPAGNA, DI PARMA, DI NAPOLI, E DELLA FAMIGLIA ABSBURGO-LORENA D'AUSTRIA E DI TOSCANA",

    pubblicato nel 1859, scrive     :

    "Sono i Cilentani semplici di costumi, alla mano, arrendevoli, operosi, temperati, sobri, mezzanamente uggiosi in comunicando ed in usando con le genti, franchi con tutti e altieri, religiosi e superstiziosi, di forma che scorgesi in essi la coscienza degli antichi padri, gelosi, affettuosi e liberali cittadini. I modi e le maniere del cilentano e l'andare son naturali; e nel parlare si vede l'affetto più che la logica: però il suo linguaggio ha spesso figura o colore rettorico che assai delle volte riesce ameno e se non all'uomo di città, certo a quelli della stessa contrada. Essi sono da mane a sera intesi al lavoro; e la mal divisa proprietà gli fa poveri, ma non accattoni, massime perchè non trasmodano nei desiderj, nè sono ghiotti. La loro franchezza gli rende a quando a quando impensieriti o sospettosi con chi ti ha l'aria di negligente o di simulato, ma con chi è franco molto aperti. Alterezza alberga nel loro cuore e non superbia; onde sono ossequenti al sapere, all'autorità, alla vecchiezza. Il sentimento religioso tiene ancora dell'antico romano e del greco: ondechè i Cilentani riconoscono nella vita il fascino e la magia, e l'amore singolarmente fa che alle ubbie sieno correnti, se non si eccettua anche le pratiche de' frati. La donna cilentana è modesta e vereconda molto, e contuttociò non è libera della gelosia del marito, come costui da quella della moglie. Quivi l'uomo si mostra veramente androgino, secondo che'l vide Platone; e i matrimoni per questo sono frequentissimi, e tra giovani imberbi e ragazze che appena hanno messo persona. La libertà al cilentano è un elemento; e per acquistarsela non perdona egli nè a fatica, nè a pericoli. La carcere, gli ergastoli, l'esilio, il capestro sono stati i mezzi che la tirannide ha mai sempre usati per ispegnere nel suo cuore il bisogno di libertà, ma essi anzi che spegnerlo non han fatto che ingrandirlo e nobilitarlo; sicchè s'è tenuto e si tiene per onorato sopra ogni dire l'individuo e la famiglia che gli ha patiti. Testimoni ne possono essere il 28, il 33, il 37, il 44, il 47, il 48 due volte; ed è caro il ricordare come la gioventù istruita ed il giovane clero assai s'argomentarono a far nascere in tutti e germogliare il sentimento di nazionalità. Per la qual cosa nella terra cilentana sola e per la prima volta si udì nel gennaio del 48 il grido di viva l'Italia, viva l'indipendenza italiana; e vi si vide sventolare la bandiera italiana con que' colori, che pur son simbolo della fede e della speranza del trionfo nazionale, che certo non tarderà, se ci aiuti Dio".

    1881 - Cosimo De Giorgi11, nel racconto "DA SALERNO AL CILENTO", viaggio effettuato tra la primavera e l'estate del 1881 e pubblicato a capitoli su vari numeri di "LA RASSEGNA NAZIONALE". Noi abbiamo preso in esame il volume XVI dove è pubblicato il capitolo XIII che parla del Cilento.

    Il De Giorgi scrive       :

    "Guardiamo ora il carattere del Cilentano.
    Il Cilentano è in generale docile, buono, quieto, laborioso; coraggioso e audace nei pericoli; geloso e vendicativo specialmente nella cerchia dei suoi parenti e conterranei. Col forestiero è invece affabile, ospitale. Rispetta le autorità, anche le fiscali. Il carabiniere, la guardia forestale, l'esattore, i pretori, non v'è caso che sieno stati mai molestati.
    Egli va sempre armato del suo bravo scoppio a due canne, più per difesa che per offesa. È un'abitudine come qualunque altra, mi diceva il mio compagno di viaggio. Ma non depone, rispondevo io, sulla sicurezza di questi luoghi che traversiamo. Il rifiuto delle autorità a dare il porto d'armi vien considerato come una grave offesa alla dignità personale. E si cercano tutti i mezzi per ottenerlo e magari anche servendosi di persone molto onorevoli, le quali senza volerlo e forse senza saperlo, si prestano qualche volta a proteggere gli assassini.
    Il Cilentano ha qualcosa dei popoli orientali. Ama la musica e canta la sua canzone cilentana che è una unione di note componenti una frase monotona, melanconica, che egli ripete 30 o 40 volte, cangiando solo le parole e che termina con una cadenza in cantilena o con una nota tenuta che dura qualche minuto. In questa canzone vi è sempre l'impronta dell'amore disperato, della gelosia, dell'abbandono e della voluttà. La chitarra è lo strumento ordinario di accompagnamento. Qualche volta è lo scoppio, e allora la melodia finisce a tragedia, che di vendetta in vendetta, e di famiglia in famiglia si ripete e dura molti anni...
    ...E il Cilentano nella sua vendetta è tenace, feroce e implacabile, e non dimentica mai le offese ricevute, specialmente quelle di onore. Non fa questione di cavalleria o di duelli, ma spedisce all'altro mondo il temerario senza passaporto...
    ...Ma poi v'è il rovescio della medaglia... e torna ad onorare il Cilentano. Accanto alla sveltezza dell'intelligenza, voi trovate una tempra veramente granitica di carattere, un patriottismo che va fino al martirio, un'amicizia sincera ed onesta, e soprattutto un'ospitalità franca, cordiale e senza orpello. È questa la pagina più bella che renderà simpatica a tutti gli Italiani questa regione, come ha lasciato in me dei ricordi carissimi!
    Eraclide scriveva che «Lucani sunt hospitales et iusti», e parlò ancora della   «   zelotypia Lucanorum». Si potrebbe dire che i moderni Cilentani sono il perfetto ritratto dei loro vecchi progenitori. Basta rammentarsi di queste due qualità caratteristiche dei cilentani - ospitalità e gelosia - per percorrere il Cilento senza neppure un temperino addosso, siccome feci io. Bisogna ricordarsi che qui le offese di onore non restano impunite. Il cilentano sente anche oggi scorrere nelle vene il sangue degli antichi lucani!".

    1932 - Giuseppe Ungaretti12, nel libro "IL DESERTO E DOPO" (pubbl. da Mondadori nel 1962), che raccoglie articoli scritti fra il 1931 e il 1934 sui suoi viaggi fra Egitto, Corsica, Italia, Olanda, la terza parte, intitolata "MEZZOGIORNO",  comprende alcune pagine di diario sul Cilento, percorso da Ungaretti nella primavera del 1932. Al capitolo intitolato "LA PESCA MIRACOLOSA", scrive     :

    Salerno, il 5 maggio 1932... ...Torniamo sui nostri passi, arriviamo a Pioppi e, vista una paranza a motore in secco, domandiamo se vogliono noleggiarcela fino a Palinuro. Il proprietario, signor Pinto, la fa subito mettere gratuitamente a nostra disposizione e vuole anche si accetti in casa sua una tazza di caffè. Non sono particolari insignificanti, e non sono i soli che m'hanno dimostrato la cordialità della gente di queste parti. Ho fatto quest'esperienza, anche avvicinando persone di umili condizioni: non entrano nei fatti vostri; vi rivolgono di rado la parola, ma non perché timidi o privi d'eloquenza, ma perché assenti in propri pensieri. Ma basta che esprimiate un desiderio, ed eccoli farsi a pezzi per accontentarvi: lo fanno per inclinazione a farsi benvolere, e mi pare civiltà assai rara. Terra ospitale, terra d'asilo! 

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    1 Ruocco, 1976, p. 433.

    2 Ietto, 1990, p. 227.

    3 Piovene, 2008, p. 484.

    4 Siniscalchi, 2015, p. 223.

    5 François Lenormant "À travers l'Apulie et la Lucanie" - ediz. 1883 - tomo secondo pag. 235: "Les habitants de Naples et même ceux de Salerne, qui en voient les montagnes en face d'eux, de l'autre côté du golfe, à onze lieues seulement de distance, n'y vont pas davantage. Il semble vraiment qu'au delà de Pæstum se dresse une barrière infranchissable, que nul ne puisse escalader et au delà de laquelle commence un pays aussi inconnu que le centre de l'Afrique. Il n'y a que les gens natifs du Cilento, ou bien y possédant des propriétés, qui osent s'y risquer. Un Napolitain condamné à cette expédition ferait son testament." - (Non ci vanno (nel Cilento) neanche gli abitanti di Napoli e né quelli di Salerno, che vedono di fronte a loro le montagne, dall'altra parte del golfo, a sole undici leghe. Sembra proprio che oltre Paestum ci sia una barriera insormontabile, che nessuno vuol superare, e oltre la quale inizia un paese sconosciuto come il centro dell'Africa. Solo le persone nate nel Cilento, o che lì possiedono delle proprietà, osano rischiare. Un napoletano costretto a questa viaggio, farà testamento prima di intraprenderlo).

    6 Leopoldo Cassese "Il Cilento al principio del secolo XIX, Salerno, 1956" pp 14-15

    7 Pasquale Magnoni: per saperne di più vai alla pagina dedicata (CLICCA QUI) - La pagina si apre in una nuova scheda.

    8 Filippo Rizzi: da Ascea (SA), è stato dottore di legge, socio della Imperiale e Regale Accademia Fiorentina, della Imperiale e Regale Società dei  Georgofili e della Società Colombaria di Firenze, della Regale Accademia delle Scienze, del Regale Istituto d'Incoraggiamento alle Scienze Naturali e della Società Pontaniana di Napoli, delle Regali Società Economiche di Salerno, di Capua, dell'Aquila, del Principato Ultra, di Catanzaro, etc.

    9 Craufurd Tait Ramage: per saperne di più vai alla pagina dedicata (CLICCA QUI) - La pagina si apre in una nuova scheda.

    10 Giovanni La Cecilia: per saperne di più vai alla pagina dedicata (CLICCA QUI) - La pagina si apre in una nuova scheda.

    11 Cosimo De Giorgi: per saperne di più vai alla pagina dedicata (CLICCA QUI) - La pagina si apre in una nuova scheda.

    12 Giuseppe Ungaretti: per saperne di più vai alla pagina dedicata (CLICCA QUI) - La pagina si apre in una nuova scheda.

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